La tendenza alla mobilità è connaturata nell’indole umana. Dalle migrazioni preistoriche a quelle dell’èra della globalizzazione l’uomo si è spostato da un continente all’altro alla ricerca di migliori condizioni di vita. L’Eldorado! Condizioni climatiche avverse, carenza di lavoro, carestie o epidemie, squilibri demografici e guerre hanno determinato nel tempo un incessante flusso di spostamenti di piccole o grandi dimensioni accomunate da questo mito tenace. In ogni epoca le migrazioni hanno suscitato paure o entusiasmi e ancora oggi si potrebbe dire che nel mondo intero – viste le dimensioni planetarie del fenomeno – c’è chi ne sostiene l’ineluttabilità, mentre altri vi si oppongono in nome della salvaguardia dell’identità etnica o nazionale. Ancora: per millenni le migrazioni si sono svolte secondo un ritmo lento in un mondo poco popolato e con ampi spazi inabitati, poi all’interno di un orizzonte di crescita demografica sempre più accentuata. Oggi però il pianeta è diventato troppo stretto, come sostiene Massimo Livi Bacci in un suo illuminante libro sull’esplosione demografica in atto. Per questo motivo, anche a causa della contemporanea congiuntura economica e geopolitica mondiale, il fenomeno si accompagna oggi a sentimenti di paura sempre più acuta e di crescente xenofobia. E allora “immaginiamo pure certi Gastarbeiter turchi che si aggirano per le strade della Germania occidentale, incapaci di afferrare la realtà che li circonda o capaci soltanto di invidiarla. O immaginiamo i boat people del Vietnam, sballottati dal mare o già insediati in qualche plaga dell’entroterra australiano. Immaginiamo gli straccioni messicani che strisciano negli anfratti della California meridionale per eludere le guardie di frontiera e sgattaiolare nel territorio degli Stati Uniti” (Iosif Brodskij, Profilo di Clio, Adelphi, 2003. Da una conferenza tenuta alla Weathland Foundation nel 1987). Ma allo stesso tempo ricordiamo che quegli stessi boat people possono essere usati, come ci ricorda Kelly Greenhill (Armi di migrazione di massa, Leg, 2016) come arma non convenzionale contro una nazione per ottenere aiuti economici da altri Stati, mentre le famiglie dei lavoratori stranieri registrano un tasso di natalità tale da complicare le politiche d’integrazione degli Stati ospiti. E ricordiamo che l’accoglienza indiscriminata male si accompagna con la salvaguardia del Welfare che ci è stato consegnato dai decenni precedenti. èStoria affronta dunque un tema doloroso e drammatico della contemporaneità; lo fa guardando al passato, offrendo alla Storia la possibilità di ristabilire uno sguardo equo sul mondo odierno.