… Benché ‘l parlar sia indarno. Ma è davvero inutile parlarne? O la riflessione sull’identità italiana è il tema politico-storiografico più rilevante di oggi, nel turbine di un tempo che accelera le trasformazioni, gli equilibri geopolitici mondiali e che per qualcuno prefigura l’inabissamento definitivo della nazione? Ormai lontani dalle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, noi propendiamo per l’idea della centralità di questo ragionamento. Qualsiasi discorso sull’Italia ci riconduce da secoli alle invettive più o meno alte contro il degrado morale e sociale, oppure a requisitorie di deprecazione riguardo alla decadenza economica, o ancora alle lamentazioni, sofferte o velenose, in merito all’esile senso dello Stato, alle rivalità campanilistiche. In ciascuno di noi è presente, allo stesso tempo, la consapevolezza di appartenere a una stirpe di genio, di essere gli eredi di una tradizione culturale sterminata, di vivere nel Paese della Grande Bellezza. Questa enorme contraddizione, anziché essere debellata, prospera sulle aspre debolezze sociali e politiche millenarie a cui abbiamo fatto già cenno. Ad esse possiamo aggiungere lo scempio del paesaggio, l’avanzare inarrestabile delle organizzazioni malavitose nell’intero sistema economico, l’abbandono in cui versa il patrimonio dei Beni culturali, l’irrisolta questione meridionale, la deriva politica priva di una strategia di rilancio e le amare considerazioni che, prima o poi, ciascun cittadino con un po’ di amor patrio può aver meditato. Troppo tardi per rifondare tutto? Per rilanciare il Paese in base a una strategia innovativa? Impossibile coltivare il sogno di una rinascita sia spirituale che materiale? Noi nutriamo la speranza che non lo sia: ritornando a studiare e ad apprezzare innanzi tutto la nostra Storia, le nostre origini. E la loro grandezza. Sviluppare questo tema a Gorizia, terra d’incontro tra popoli, implica percepire anche la cornice più ampia in cui inserire la riflessione e il dibattito: l’Europa, oggi così in difficoltà su molti fronti, che vorremmo Europa di patrie e non di nazionalismi.